Tolagnaro

Fort-Dauphin 

Tolagnaro, nota anche come Tôlanaro, Taolanaro, Taolagnaro, Tôlagnaro, Tôla, Faradofay, o col vecchio nome coloniale di Fort-Dauphin, è una piccola città della provincia di Toliara, all’estremo sudorientale del Madagascar. È il capoluogo della regione di Anosy. Ha una popolazione di circa 25.000 abitanti.

Tolagnaro viene talvolta definita la “costa azzurra” del Madagascar, e rappresenta un polo turistico opposto a Nosy Be (all’estremo nord). Oltre alle spiagge, Tolagnaro è nota per le rovine portoghesi, le pittoresche tombe dell’etnia Mahafaly, la vegetazione (nella zona sono comuni tra l’altro le piante carnivore e i baobab) e la vicinanza con la celebre riserva naturale di Berenty.

Oggi gran parte della città è nelle mani di Jean de Heaulme, proprietario di diversi alberghi di lusso, della riserva di Berenty e di gran parte del terreno.

La città di Tolagnaro nacque come insediamento europeo. I primi ad accamparsi qui furono un gruppo di naufraghi portoghesi, poi cacciati dalla popolazione locale Antanosy. Nel 1642 giunsero i francesi della Compagnia Francese delle Indie Orientali, con una spedizione guidata da un certo Sieur Pronis, passato alla storia come persona non proprio integerrima. I coloni costruirono nel 1643 l’insediamento che battezzarono “Fort Dauphin” in onore del “Delfino”, il principe di Francia, ovvero il futuro Luigi XIV. I coloni (circa un centinaio) non trovarono granché da produrre o commerciare, e soffrirono le malattie tropicali e i rapporti non semplici con gli Antanosy. Nonostante una buona convivenza iniziale (caratterizzata anche da matrimoni fra francesi ed esponenti della nobiltà malgascia), alla fine si giunse al conflitto; dopo uno scontro particolarmente cruento, i francesi sopravvissuti evacuarono, abbandonando definitivamente il forte nel 1674. Uno di questi coloni rimpatriati era Étienne de Flacourt, governatore francese del Madagascar per un breve periodo, a cui si deve l’omonimo Fort Flacourt, di cui restano le rovine. Flacourt è ricordato anche per aver scritto la Storia della grande isola del Madagascar, un libro che rimase fino al XIX secolo una delle principali fonti di informazioni sul Madagascar. Qualche tempo dopo la fuga dei coloni di Pronis, i francesi tornarono a Fort Dauphin per istituirvi un porto per il commercio degli schiavi. Il porto si sviluppò e nel XIX secolo divenne parte della colonia francese in Madagascar.

Diego Suarez 

Antsiranana (nota fino al 1975 come Diego Suarez e talvolta chiamata “La Perla del Nord”) è la più grande città del nord del Madagascar, e capitale della provincia omonima. Il suo porto è il terzo più importante del paese (il nome Antsiranana significa proprio “porto”). È situata all’estremità settentrionale dell’isola, in una baia naturale (la seconda più grande del mondo) chiamata Baia di Antsiranana.

L’esploratore portoghese Diego Suárez approdò nella Baia di Antsiranana nel 1543. Nel 1506 vi giunse un altro portoghese, Hernan Suarez, che vi fondò un insediamento, battezzandolo col nome dell’esploratore che lo aveva preceduto.

Riguarda la zona di Antsiranana anche l’ipotetica nazione di Libertalia, una comunità utopico-anarchica che sarebbe stata fondata alla fine del XVII secolo da un prete italiano di nome Angelo Caraccioli e da un pirata francese di nome Misson fondarono ad Antsiranana la comunità di Libertalia. Libertalia avrebbe anticipato di un secolo e mezzo gli stati europei nell’abolizione della schiavitù, per essere poi distrutta dalle popolazioni malgasce limitrofe. Gli studiosi moderni tendono a mettere in dubbio l’esistenza di questa insolita repubblica, citata in Una storia generale dei più noti pirati di Charles Johnson.

Negli anni 1880, i francesi iniziarono a fare pressioni per ottenere il controllo della Baia, allo scopo di costruirvi una stazione di rifornimento di carbone per le navi a vapore. Il 17 settembre del 1885 la regina Ranavalona III concesse ai francesi di prendere la baia e il territorio circostante come protettorato (lo stesso trattato concesse ai francesi anche il controllo di Nosy Be e l’isola di St. Marie). Questa cessione fu di fatto il primo passo verso l’annessione dell’intero Madagascar da parte della Francia.

Nel 1942, quando gli inglesi invasero il Madagascar per prevenire l’occupazione giapponese (in seguito alla caduta della Francia), Antsiranana fu uno dei principali punti d’accesso utilizzati dalle forze britanniche.

A causa della sua posizione e della sua importanza come punto d’ingresso in Madagascar dall’Oceano Indiano, Antsiranana ha una popolazione di origine etnica e culturale estremamente varia. La città conta circa 80.000 abitanti, divisi fra Sakalava, Antakarana, francesi, arabi, cinesi e comoriani. L’architettura della città è coloniale; spiccano in particolare il vecchio mercato coperto e l’Hotel de la Marine. Antsiranana è sede di una Università.

L’economia della città ruota in gran parte attorno all’attività di export che avviene attraverso il porto. Di qui merci come caffè, mais, arachidi, bestiame o sale, provenienti dall’entroterra, vengono imbarcate verso varie destinazioni (la Spagna è una delle principali).

Antsiranana ospita anche molti turisti che fanno tappa in città per visitare i parchi naturali circostanti. La presenza di turisti ha dato un nuovo rilievo a un’altra attività tradizionale di Antsiranana, ovvero la produzione di articoli di artigianato fatti con corna di zebù o con i carapaci di tartaruga.

Nella città si trova anche un aeroporto con voli giornalieri verso la capitale Antananarivo e Nosy Be.

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Mahajanga

Mahajanga (o Majunga) è un comune urbano (firaisana) e porto della costa nordoccidentale del Madagascar, capitale della provincia omonima. Si trova alla foce del fiume Betsiboka, nella baia di Bombetoka. Ha una popolazione di 149.863 (stima del 2005 ). Il nome “Mahajanga”, nella lingua della popolazione locale Antalaotra, significa “città dei fiori”.

File:Mahajanga Corniche.jpg

Nel XVIII secolo, Mahajanga (allora Majunga) fu capitale del Regno di Boina. In seguito, il porto di Mahajanga divenne una delle basi da cui partivano le scorrerie dei pirati Sakalava che assaltavano le isole vicine e la costa africana a caccia di schiavi.

Base commerciale americana (1828-1845)

Nel XIX secolo, numerosi documenti attestano l’esistenza di una base commerciale americana nel porto di Mahajanga. Un testo conservato a Salem negli Stati Uniti annuncia la presenza della goletta “Spy” nel porto di Mahajanga in data 18 giugno 1828. Gli interessi commerciali americani si rivolgono soprattutto verso la costa orientale dell’Africa, essendo già il Madagascar disputato tra la Francia e la Gran Bretagna. Un ufficiale di marina francese di nome Guillain riporta circa gli avvenimenti sulla costa ovest che “Il commercio verso l’esterno ha luogo soprattutto con gli americani e Mahajanga è divenuta un importante scalo per navi americane che annualmente commerciano con Zanzibar. Per un certo periodo la regina Ranavalona I aprì al commercio americano, che inoltre non aveva pretese territoriali, soprattutto dopo i fatti avvenuti a Toamasina nel giugno 1845. Alla fine del 1845, nonostante tutto, la regina vietò il commercio anche agli americani fino al maggio 1846. La situazione si normalizzò in seguito agli accordi Ranavalona-Lambert, ma per una vera ripresa si dovrà attendere l’ascensione al trono di Radama II nel 1861

Nel 1895 i francesi usarono Mahajanga come punto di partenza per la spedizione che avrebbe detronizzato la regina Ranavalona III e trasformato il Madagascar in un protettorato.

Popolazione

Nella zona della città crescono i baobab, e il loro legno è uno dei materiali principali con cui sono costruite le case. Lo stile architettonico generale è arabeggiante, e ci sono anche una ventina di moschee, frequentate dalla numerosa comunità locale di musulmani comoriani. All’interno dell’area cittadina si trova un particolare baobab divenuto un simbolo di Mahajanga per la sua eccezionale circonferenza (quasi 22 m).

Economia

La popolazione locale vive soprattutto di pesca e agricoltura. Negli ultimi anni, la città sta diventando anche una meta turistica di una certa importanza, inclusa in molti degli itinerari che attraversano il nordovest del paese; ciò si deve soprattutto alle sue spiagge, di un caratteristico colore rosso rubino, e caratterizzate da onde alte adatte al surf e al windsurf.

Mahajanga è sede di una Università.

Trasporti

La città e sede di un aeroporto civile (codice IATA: MJN). La Route nationale 4 (RN4), lunga 590 km, la collega alla capitale Antananarivo.

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Anbalavao

File:Ambalavao - rue principale01.JPGAmbalavao (o Anbalavao) è un comune urbano (firaisana) del Madagascar centrale, situato a sud di Fianarantsoa, in una zona semi-desertica nei pressi del massiccio di Andringitra.

La zona è abitata da una popolazione principalmente di etnia Bara.

La città è piuttosto nota e rappresenta una tappa comune a molti itinerari turistici.

Le case sono esempi tipici dell’architettura dei Betsileo.

In città si trova una cartiera che produce la celebre carta antaimoro; introdotta in Madagascar dal popolo Antemoro e un tempo usata come pergamena per la scrittura dei testi sacri malgasci, oggi questa carta viene decorata con fiori e foglie essiccati e utilizzata soprattutto per la realizzazione di souvenir.

Dista 47 km dal Parco nazionale di Andringitra.

Nei pressi di Ambalavao si trova anche la piccola riserva di Anja, dove è facilissimo avvistare i lemuri catta.

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Tra i bambini schiavi del Madagascar

http://www.iodonna.it/attualita/primo-piano/2013/madagascar-bambini-lavorano-no-scuola-401743118645.shtml

Reggono l’economia dell’isola africana. Fanno i mandriani, i contadini, gli spaccapietre. Cercano lo zaffiro in cunicoli trappola. Diventano carne da macello nei mercati del sesso. La gallery

di Michele Focarete5 novembre 2013

Antananarivo ha circa 3 milioni di abitanti.Antananarivo ha circa 3 milioni di abitanti.
foto di Jean-Luc Bertini

Alle 18 in punto il sole crolla di botto e nella capitale Antananarivo si respira aria di coprifuoco. I malgasci abbandonano le strade e i turisti non si muovono più dagli alberghi. Fuori c’è il rischio di essere aggrediti e rapinati. Girano bande strane. Qualcuno dice che sono organizzate dall’opposizione per creare disordine. Per giustificare un eventuale cambio di rotta alle elezioni, mentre si attende l’imminente secondo turno delle presidenziali. Alle 6 del mattino il sole è già alto e tutto torna nella norma.

La route circulaire, oltre tre chilometri di auto e mezzi obsoleti d’ogni tipo perennemente incolonnati, è già nel caos. È l’unica via importante che attraversa la città e sfiora il palazzo de la Reine. Su e giù, a 1.400 metri di altitudine. Tutt’intorno sconfinate risaie, già piene di uomini e donne con la schiena piegata. Ma anche smilzi zebù e bambini. Tanti bambini che non piangono mai e ne avrebbero di lacrime da versare. L’impatto è forte. Odori, colori, persone sempre affaccendate per la strada, e occhi puntati sui vasah bianchi. Un agglomerato di tre milioni di abitanti. Palazzi e catapecchie. Hotel e stamberghe. E volti segnati dal tempo. Con bambini ovunque. In Madagascar la scuola fino a 14 anni è d’obbligo, ma sono pochi quelli che la frequentano.

Il 32 per cento della popolazione (23 milioni di abitanti) sono giovani che hanno da 10 a 24 anni. I bambini che hanno meno di 10 anni rappresentano il 20 per cento.
«L’educazione è la via per il futuro della nazione» spiega Hanitra Rakotonavalona, presidente dell’associazione Fiara che si occupa di sviluppare socialmente, economicamente e culturalmente i malgasci. «In questa epoca dove la tecnologia è dominante, nessuno può negare l’importanza dell’educazione. La scuola, tra l’altro, offre al bambino l’opportunità di socializzare, emancipandolo da certi contesti famigliari». Da una parte c’è l’obbligo della scuola, ma dall’altra le aule sono deserte. Fulanha ha 11 anni, sa dire come si chiama e sa fare i conti. Giusto per muoversi sulla spiaggia di Foulpointe, sull’oceano Indiano, a 60 km a nord di Tamatav, dove arrivano i villeggianti. Fulanha vende collier fatti di semi e vive con la madre contadina. È la più grande di quattro fratelli. A casa non ci sono soldi e si mangia quando si può. «Se mia figlia si mettesse a studiare, poi potrebbe andare a lavorare in città e abbandonare la terra. Lei mi serve qui, anche per accudire lo zebù».

In Madagascar i bambini fanno di tutto: i mandriani, i contadini, curano i polli, fabbricano i mattoni che poi consegnano in panieri portati sulla testa. Rompono le pietre per un euro ogni metro e mezzo cubo, raccolgono la sabbia nei fiumi, scavano e molti muoiono per recuperare, in cunicoli grandi come tane di volpi, zaffiri per le multinazionali thailandesi. Tutti i soldi che guadagnano, fino all’ultimo aryar (poco più di 2.500 arya sono l’equivalente di un euro), finiscono nelle tasche dei genitori. E sono sempre i bambini che vedi nelle città a vendere giornali, a chiedere l’elemosina, a raccogliere i rifiuti nei cassonetti.

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Incontro del 16 luglio 2014

Buona sera a tutti
Per chi non è in vacanza, sarebbe opportuno incontrarci il 16 luglio 2014, alle ore 20.30 presso la sede dell’associazione a Seriate per  definire le indicazioni rispetto al viaggio: partiamo il 19 luglio!!
Sarà presente anche Padre Colombi che arriva dall’Albania il pomeriggio del giorno 16 luglio.
Grazie a chi ci sarà.
Un caro saluto
Elide

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Le città del Madagascar

In Madagascar ci sono 45 comuni urbani detti firaisana.
Cliccando sui nomi linkati potrete visitare le città come ve le presenta Wikipedia.
Le celle in azzurro indicano i luoghi dove passa il viaggio di UnicoSole.
 
CittàProvinciaPopolazione 
Antananarivo RenivohitraAntananarivo1.613.375
ToamasinaToamasina200.568
AntsirabeAntananarivo176.933

Fianarantsoa

sede delle nostre associazioni partner

Fianarantsoa160.550
MahajangaMahajanga149.863
ToliaraToliara113.014
AntsirananaAntsiranana80.001
TolagnaroToliara42.944
AmbatondrazakaToamasina39.762
ManakaraFianarantsoa35.905
MorondavaToliara33.372
AntalahaAntsiranana32.496
SambavaAntsiranana31.069
AmbalavaoFianarantsoa30.559
AmbositraFianarantsoa30.434
AmbanjaAntsiranana29.980
MarovoayMahajanga28.674
MananjaryFianarantsoa28.498
MoramangaToamasina26.726
AmbatolampyAntananarivo26.549
TsiroanomandidyAntananarivo25.391
FarafanganaFianarantsoa25.046
VangaindranoFianarantsoa24.956
Nosy BeAntsiranana23.050
MaroantsetraToamasina22.503
AndapaAntsiranana20.460
Fenerive EstToamasina20.439
AntsohihyMahajanga19.878
ArivonimamoAntananarivo19.874

Ihosy

sede dell'allevamento Tsara Atody

Fianarantsoa18.205
MaintiranoMahajanga16.092
VohemarAntsiranana15.202
AmbilobeAntsiranana14.425
MiarinarivoAntananarivo13.568
BorizinyMahajanga12.000
VatomandryToamasina10.259
AmbohimahasoaFianarantsoa7.986
Befandriana-AvaratraMahajanga 
BetrokaToliara 
MaevatananaMahajanga 
MahaboToliara 
MampikonyMahajanga 
MandritsaraMahajanga 
MorombeToliara 
Sainte-MarieToamasina 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Il Papa riceve il presidente del Madagascar: lotta alla povertà in primo piano

Il 28 giugno scorso il Papa ha incontrato il presidente del Madagascar. L’articolo di Radio Vaticana.
 
 
Il Papa ha ricevuto oggi in udienza il presidente della Repubblica del Madagascar, Hery Martial Rajaonarimampianina. Durante il colloquio – informa una nota della Sala Stampa Vaticana – ci si è soffermati sull’attuale fase di ripresa del Paese africano, sottolineando il “positivo apporto della Chiesa cattolica nel cammino verso la riconciliazione nazionale e la stabilità politica, come pure il suo contributo nei settori dell’educazione e della sanità”. Sono stati poi affrontati temi di comune interesse, “quali la lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali”. Infine, si è fatto cenno “alla situazione internazionale e ai conflitti che interessano alcune regioni del mondo”.

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Dichiarazione del Vice Direttore del Fondo monetario internazionale, il signor Zhu Min, al termine della sua visita in Madagascar

http://www.imf.org/external/french/np/sec/pr/2014/pr14321f.htm

Comunicato stampa n ° 14/321 del 30 giugno 2014


Il signor Zhu Min, vice direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha rilasciato oggi a Antananarivo la seguente dichiarazione al termine della sua visita di due giorni in Madagascar:

“La mia visita è stata molto produttiva, e voglio ringraziare il Primo Ministro Roger Kolo, il Ministro delle Finanze e del Bilancio Razafindravonona Jean e la signora Vonimanitra Razafimbelo, governatore ad interim della Banca Centrale, per la loro ospitalità e per i proficui colloqui che abbiamo avuto.

Ho anche avuto l’onore di tenere un discorso agli studenti dell’Università di Antananarivo; la delegazione del Fondo  Monetario ha visitato anche la comunità di sostegno della città di Akamasoa città e  Anjozorobe, dove l’organizzazione non governativa Fanamby si impegna a promuovere la sostenibilità ambientale. Si tratta di un buon esempio di quanto può essere fatto con le risorse locali per la lotta contro la povertà e la conservazione dell’ambiente .

“I colloqui con le autorità, con gli studenti e la società civile si sono concentrati su  tematiche quali la stabilità macroeconomica e finanziaria, il ruolo della banca centrale nell’economia e la necessità che il governi adotti misure di a sostegno di una crescita economica sostenibile e inclusiva, finalizzata alla riduzione della povertà.

Negli ultimi cinque anni, il rallentamento della crescita e la diminuzione delle entrate ha causato una forte riduzione degli investimenti pubblici e della spesa sociale..

Nel 2014 la crescita economica dovrebbe raggiungere il 3% grazie principalmente al settore minerario, e prendere slancio nel 2015, a seguito delle riforme in corso finalizzatecome al rilancio delll’economia. Abbiamo convenuto con le autorità che la sfida principale a medio termine per il Madagascar è creare una forte accelerazione delle basi per la crescita e la riduzione della povertà.

“Le autorità hanno ribadito l’impegno del governo a mantenere la stabilità macroeconomica, migliorare il saldo di bilancio, rafforzare la governance e lo Stato di diritto; attrarre investitori e promuovere il settore privato – che ha un ruolo essenziale nella crescita economica. Il Paese deve riprendere il cammino verso una crescita decisa, sostenibile e vantaggioso per tutti, che consenta alla popolazione di migliorare il tenore di vita, creare posti di lavoro, accelerare la riduzione della povertà e attirare gli investimenti. Il FMI è pronto a collaborare con il governo per l’attuazione del suo programma economico.

“E ‘in questo spirito che il Consiglio del FMI ha approvato nel giugno 2014 un aiuto finanziario al Madagascar, a titolo di Rapid Credit Facility (RCF) di un importo pari a DSP 30.550.000 (circa 47,1 milioni dollari) per sostenere le autorità nel programma di rilancio economico.

“Il sostegno finanziario del Fondo Monetaria sarà utilizzato per attuare una serie di politiche e varare misure economiche e strutturali atte a ripristinare la stabilità macroeconomica e rafforzare la capacità del governo malgascio (cfr. comunicato stampa 14/287).

“Sono fiducioso che il governo continuerà a promuovere il buon governo e lo Stato di diritto,  si adopererà per creare un ambiente favorevole alle imprese e agli investitori e avvierà le riforme necessarie per rilanciare la crescita inclusiva”.

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Abbiamo pubblicato….

..la dichiarazione del Vicepresidente del Fondo monetario internazionale a conclusione della sua visit in Madagascar durante la quale ha annunciato lo stanziamento di 47 milioni di dollari per sostenere la ripresa economica del Madagascar.

madagascar2011 877.jpg - 161.76 Kb…nella sezione LIBRI, un nuovo titolo scritto da un docente di geologia dell’Università di Milano che  per approfondire gli studi sul cromo si è recato in Madagascar, nella zona nord orientale dove il minerale viene estratto. Affascinato da questo Paese ha deciso di raccontantarlo in un giallo.

Vi proponiamo la presentazione del libro nel video Madagascar, tra miniere di cromo e povertà, all’interno della trasmissione Prometeo.  Superato il primo minuto nel quale si tratta un altro argomento, l’autore, ospite della trasmissione, racconta le impressioni di un occidentale che sbarca per la prima volta in questo Paese e entra  in contatto con la sua popolazione così straordinaria.

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Gli Usa: nel mondo 27 milioni di schiavi

In questo articolo pubblicato su La stampa il 21 giugno viene commentato  il rapporto del Dipartimento di Stato americano sulla tratta degli esseri umani nel mondo. Il Madagascar è fra le 16 nazioni che «non rispettano gli standard minimi di lotta al traffico e non stanno facendo sforzi significativi per raggiungerli».

L’argomento è ripreso dai giornali malgasci che trovate linkati nella sezione “Notizie dal Madagascar” per renderne più immediata la lettura. 

 http://www.lastampa.it/2012/06/21/blogs/finestra-sull-america/gli-usa-nel-mondo-milioni-di-schiavi-hlo05bRB8EmvNQ1hLZUQUP/pagina.html

maurizio molinari

 

Salvate dallo sfruttamento poco più di 42 mila persone nel 2011, la maggior parte in Europa 

CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Amina è una giovane del Bangladesh che accettò l’offerta di fare la domestica in Libano finendo in una casa dove venne violentata, torturata e ridotta alla fame per tre mesi prima di piegarsi ai voleri dei carcerieri accettando di diventarne schiava. In un mondo con oltre sette miliardi di abitanti ve ne sono 27 milioni che vivono in schiavitù ma nel 2011 ne sono stati liberati appena 42.291. E Amina è fra questi.

La fotografia del Pianeta contenuta nel rapporto sul «Traffico degli esseri umani» redatto dal Dipartimento di Stato e firmato da Hillary Clinton precipita in una dimensione dei rapporti internazionali pressoché inedita. Le regioni geopolitiche sono ritagliate sulla forza delle reti del traffico di uomini, donne e bambini: dai confini dell’Afghanistan a quelli della Cina e dell’Indonesia si estende il mercato più grande con 11,7 milioni di vittime, seguito dall’Africa con 3,7 milioni, l’America centro-meridionale con 1,8 milioni, la Russia con 1,6 milioni e l’area transatlantica Usa-Europa occidentale con 1,5 milioni mentre l’Australia è l’unica a poter vantare l’assenza di luoghi dove i trafficanti hanno totale potere sui sottomessi.

A fronte di questo sterminato giacimento di vite che alimenta il crimine organizzato vi sono i singoli individui che le polizie nazionali, giorno dopo giorno, riescono a liberare. Il rapporto riconosce la difficoltà di quest’opera, evidenziata da numeri esigui e da una gerarchia geografica rovesciata perché il numero maggiore di liberazioni di schiavi si registra nell’area transatlantica, che invece è ultima per quantità di sottomessi. In Europa le vittime identificate nell’ultimo anno sono state 10.185 e nell’Emisfero Occidentale 9014 ma dove gli schiavi sono di più le liberazioni sono di meno: in Estremo Oriente 8454, in Africa 8900 e nel mondo arabo-musulmano appena 1831. I numeri di condanne di trafficanti in queste regioni sono altrettanto esigui, basti pensare che in tutto il Maghreb-Medio Oriente sono state solo 60.

I dati in arrivo da ogni capitale vengono analizzati da una task force che classifica le vittime per categorie: c’è chi è schiavizzato per fini sessuali, anche se minore, per i lavori forzati, manodopera infantile, formazione di reparti di bambini-soldati o per essere trattato da dipendente domestici senza diritti. Se combattere contro tale fenomeno è una missione in salita, Hillary identifica «dieci eroi» che sono di esempio per il contributo che danno e fra loro c’è un’italiana: Maria Grazia Giammarinaro che dal 2010 è la coordinatrice della lotta al traffico di esseri umani dell’Osce e si è recata in 16 nazioni per invocare l’adozione di misure più severe. La conclusione del rapporto dell’amministrazione Obama è infatti che se la piaga della schiavitù non ha confini; in Occidente esistono almeno delle leggi per combatterla mentre all’estremo opposto vi sono 16 nazioni che «non rispettano gli standard minimi di lotta al traffico e non stanno facendo sforzi significativi per raggiungerli». Ecco quali sono: Algeria, Libia, Siria, Iran, Arabia Saudita, Yemen, Sudan, Eritrea, Repubblica Centrafricana, Congo, Zimbabwe, Madagascar, Nord Corea, Nuova Papua Guinea e Cuba. C’è poi un secondo gruppo di 32 nazioni «sotto osservazione» perché «non danno informazioni» e registrano «numeri alti di vittime», limitandosi a promettere «azioni future» per ridurle: fra loro spiccano Cina e Russia.

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