Madagascar, la soluzione Putin
Possibile governare il Paese anche in maniera indiretta?
Fulvio Beltrami
Kampala, Lunedì 2 Dicembre 2013
Il 20 dicembre 2013 in Madagascar si terrà il secondo turno delle elezioni presidenziali. I principali candidati sono il dottor Jean-Louis Richard Robinsons, e l’ex Ministro delle Finanze Hery Martial Rajonarimampiamina Rakotoarimanana.
Nel primo turno, avvenuto il 25 ottobre scorso, Robinsons ha riportato il 21,1% dei voti, mentre il suo rivale, Rajonarimampiamina il 15,93%. La campagna elettorale continuerà a concentrarsi sui temi del primo turno: diminuzione della pressione fiscale, miglior gestione delle risorse minerarie, lotta alla corruzione. La decisione della Corte Elettorale Speciale malgascia di epurare dalle liste elettorali i principali candidati, Andry Rajoelina (attuale presidente), Lalao Ravalomanana (moglie del ex presidente in esilio Marc Ravalomanana) e Didier Ratsiraka (ex presidente 1997 – 2001) era tesa ad evitare che le elezioni fossero polarizzate dal conflitto tra questi tre presidenti che dura da 12 anni contribuendo a far precipitare il Paese nel caos politico ed economico. I candidati esclusi che hanno in mano le sorti del Paese, pur accettando la decisione della Corte, hanno optato per la “soluzione Putin”. Come il Presidente Vladimir Putin, i protagonisti principali del Madagascar intendono governare indirettamente il Paese attraverso un Presidente simbolico, di procura.
Robinsons è l’uomo di paglia in mano a Mouvance Ravalomanana, il consigliere politico del ex presidente Marc Ravalomanana attualmente in esilio nel Sud Africa. Rajonarimampiamina è l’uomo di paglia in mano al Presidente Andry Rajoelina. Il primo rappresenterebbe il ritorno delle politiche neo liberaliste, il secondo la continuazione delle politiche nazionaliste dell’attuale presidente. Il risultato del secondo turno determinerà la vittoria di Ravalomanana o di Rajoelina, impegnati in quattro anni di feroce rivalità.
Le libere elezioni presidenziali del 1992 posero fine a 17 di partito unico nel Paese iniziando un’era di instabilità politica che dura tutt’ora. Quando Didier Ratsiraka (l’uomo forte del regime durante gli anni Sessanta e Ottanta) vinse le elezioni nel 1997 divenendo Presidente, tentò di imporre i metodi di controllo sulla società caratteristici del precedente periodo a partito Unico. Le elezioni del 2001 dove Ratsiraka si confrontò con un potente imprenditore: Marc Ravalomanana fecero precipitare il Paese nel caos. Gli esiti elettorali furono contestati da Ravalomanana che organizzò proteste popolari di massa durate fino al 2002, anno in cui la Alta Corte Costituzionale lo dichiarò come vincitore e nuovo Presidente per evitare una guerra civile.
Durante il suo primo mandato Ravalomanana fece applicare misure economiche ultra liberaliste che distrussero l’economia nazionale e svendettero le risorse naturali del Paese a multinazionali francesi, sudafricane e asiatiche. Nelle 2006 fu riconfermato Presidente ma la grave crisi economica derivata dalle politiche liberali e i livelli di corruzione ormai inauditi spinsero nel 2009 la popolazione ad attuare una rivoluzione pacifica guidata da Andrey Rajoelina, ex DJ e sindaco della capitale Antananarivo ed appoggiata da importanti settori dell’esercito. Ravalomanana, detto il Berlusconi dell’Africa, fu costretto all’esilio in Sud Africa e successivamente condannato in contumacia per corruzione e crimini economici.
Nonostante i tentativi di Rajoelina di normalizzare il Paese, assicurare una ripresa economica e diminuire le ineguaglianze sociali, il Madagascar ha subito una progressivo deterioramento economico che ha raggiunto le allarmanti condizioni di vita attuali: 56% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà (2 dollari al giorno), quattro milioni di Malgasci che soffrono di sotto alimentazione e il 50% dei bambini di malnutrizione. L’economia è collassata mentre la criminalità, spesso indotta da un lavoro di intelligence delle forze ancora fedeli al ex Presidente, che in questi quattro anni hanno attuato tre tentativi di colpo di stato.
L’attuale situazione del Paese è dovuta principalmente dall’opposizione internazionale contro le politiche nazionalistiche di Rajoelina portata avanti da Francia e Sud Africa che sono riuscite a far sospendere il Madagascar dall’Unione Africana e ad isolarlo a livello internazionale attraverso pesanti sanzioni economiche. I risultati di questa strategia, che rasenta il complotto internazionale, sono stati deludenti. Nonostante il caos sociale ed economico la popolazione non si è ribellata a Rajoelina, i colpi di stato sono falliti sul nascere e si è creata una pericolosa impasse politica. Unione Africana, Comunità Economica dell’Africa del Sud (SADC) e Unione Europea, dopo vari fallimenti registrati durante le negoziazioni con Rajoelina per convincerlo a dimettersi, hanno puntato sulle attuali elezioni presidenziali per risolvere una crisi sfuggita di mano e riprendere il controllo del Paese.
Difficili i prognostici sulla vittoria di uno dei candidati come difficile pronunciarsi sulla situazione post elettorale. Analisti regionali avvertono che nonostante che i principali protagonisti del caos siano stati esclusi dalla competizione elettorale, i loro candidati per procura rappresentano quattro anni di tensioni sociali, rivalità e frustrazioni per riprendere o conservare il potere. Questo confronto potrebbe creare il rischio di violenze post elettorali che, se non controllate, potrebbero sfociare in una guerra civile.
Di parere contrario sono gli esperti dell’Unione Europea. Le elezioni, svoltesi al primo turno in un clima di trasparenza e correttezza, saranno in grado di individuare un Presidente democratico e far uscire il Paese dal tunnel del caos sociale e politico. Una posizione considerata semplicistica da vari politici africani come il mediatore della SADC ed ex Presidente del Mozambico Joaquim Chissaano. «Le elezioni in Madagascar se trasparenti e prive di frodi, potranno solo creare le condizioni nel paese per una transizione democratica e ripresa economica, ma occorreranno almeno cinque anni affinché il Madagascar si possa riprendere ritornando un paese normale».
Le pesanti interferenze straniere sono comprensibili se si considera che la più grande isola africana, ex colonia francese, detiene le miglior possibilità di sviluppo economico regionale grazie alle attività minerarie, turismo e agricoltura. Il potenziale economico attuale (quasi 10 miliardi di dollari) ha tutte le credenziali di duplicare nei prossimi anni. L’attuale Presidente e il suo candidato per procura possono vantarsi di un risultato incontestabile. Nonostante il boicottaggio internazionale i paese nel 2012 ha registrato uno sviluppo economico del 2,4%. Senza questo risultato le drammatiche condizioni della maggioranza della popolazione, causate dalle interferenze straniere, sarebbero state catastrofiche.
Coerentemente con la storia del Madagascar post indipendente, le sorti del Paese rimangono in mano all’esercito, fautore dei principali cambiamenti politici e garante della stabilità, avendo evitato due guerre civili e almeno tre colpi di stato negli ultimi 12 anni. A discapito delle speranze nutrite dalle potenze internazionali, le forze armate sembrano essere vicine all’attuale Presidente. Aver soppresso i tentativi di golpe sono la prova più evidente della sincronia e della collaborazione con Rajoelina. Una sola domanda si pone all’orizzonte: se il Ministro delle Finanze Hery Martial Rajonarimampiamina, l’uomo di Rajoelina, dovesse riportare la vittoria al secondo turno, Francia e Sudafrica accetteranno la sconfitta delle loro politiche geostrategiche sul Madagascar e smetteranno di influire sulla vita di 22 milioni di Malgasci?