Siamo partiti dall’Italia il 12 agosto in 12 persone: un numero a caso, ma niente nella vita è un caso. Sì, siamo proprio come i 12 apostoli e, come loro, ignari di quello che avemmo veduto e toccato con le nostre mani e calpestato con i nostri piedi.
Dopo un giorno intero di viaggio sospesi nel cielo, eccoci ad Antananarivo:
“ l’Africa ci ha accolti: siamo pronti per l’avventura” è il messaggio che inviamo a casa. Ci accompagna un degno discendente di Gesù, Padre Gian Luigi Colombi, dell’associazione “Unicosole-onlus”: già durante il viaggio avevo cominciato a comprendere il significato bello e profondo di questo nome…tanti cieli, che si susseguono dal finestrino dell’aereo, ma un unico sole che ci fa da guida.
Il gruppo appare subito disomogeneo per età, dai diciottenni ai sessantenni, il che può far presupporre alcuni problemi di adattamento, invece niente di questo perché da subito si instaura un clima di affiatamento, di collaborazione e di amicizia. Un prezioso strumento di condivisione è il diario giornaliero, che a turno ci permette di esprimere sentimenti, aspettative, ansie e paure, ma soprattutto lo stupore e le emozioni di questi incontri con la gente malgascia , bambini, mamme, famiglie, così mancanti di tutto, ma stracolmi di voglia di vivere.
L’impatto con questa realtà è da subito sconvolgente: ci troviamo a fare i conti, noi che arriviamo da un mondo nel quale hai tutto e di più, con questo popolo che vive nella miseria più nera, niente acqua, corrente, gas, ma solo quel che basta per cucinare ciò che al massimo ti toglie i crampi della fame. Eppure, ed è qui lo stupore e quasi l’incredulità, queste persone riescono a vivere con gioia la loro vita, in “perfetta letizia”, secondo lo stile di S.Francesco. Te ne accorgi da tante cose, per esempio da come partecipano alla S.Messa, con canti, danze, sorrisi…ben lontani dal nostro guardar l’orologio con noia e distrazione. Oppure dai loro discorsi: tutti infatti, dal capo politico al semplice capofamiglia, dall’analfabeta al laureato, prima di iniziare una conversazione, antepongono Dio, ringraziandolo di quanto offre loro e chiedendogli perdono. E anche dai loro modi di fare, sempre dignitosi e composti, ma anche vivaci e colmi di attenzione e incredibile ospitalità; per l’ospite, infatti, preparano cibo che per se stessi non possono permettersi.
Tante sarebbero le cose da dire su un viaggio che già all’arrivo in aereoporto vorresti rifare…per il momento puoi però raccontare agli altri, a quanti ancora ignorano questa realtà, se non per sentito dire, che è ben diverso dal vivere. E poi ci sono i progetti da portare avanti, e anche da qui si può e si deve fare molto. L’importante è mantenere aperto il collegamento con queste persone meravigliose: per loro uno spiraglio di luce nella loro immensa povertà, per noi un’occasione per interrogarci e crescere nella nostra fede, non fatta di sole parole, ma di gesti concreti. Come questo viaggio che ti scuote e ti segna. Profondamente.