Introduzione
Partire per un viaggio deve avere un suo perché. Amore, avventura, voglia di sapere, curiosità, stavolta il viaggio aveva un obiettivo diverso. C’è in ballo una possibilità di lavoro, anomalo, come lo sono io, un qualche cosa da fare non ben definito su Reunion Island nell’arcipelago delle Mauritius.
Prendo la palla al balzo già che ci sono faccio un salto in Madagascar a vedere cosa ha combinato in trent’anni di missione, mio cugino Giangi , che poi sarebbe cugino di mia moglie ma poco importa l’essenziale è ripartire, vedere un po’ di mondo, di terre lontane e diverse da calpestare. Tante volte il Giangi mi ha invitato nella terra dei Lemuri per una visita in quei luoghi lontani e colorati. Ho sempre declinato l’invito sapendo bene che andare laggiù non può essere visto come un viaggio di trekking ma di lavoro.
Non che questo mi spaventi, ma quando poi prendi un impegno con chi da tanti anni sta cercando di dare sollievo a una popolazione che è tra le più povere del mondo non si deve scherzare. Il motto del Giangi è accettare chi ti offre aiuto sfruttando le sue attitudini. Cioè se uno sa fare l’idraulico, fagli fare l’idraulico non l’insegnante. Così sono partito si, con l’intento di fare due passi ma mentre davo una mano a qualcuno che ne avesse davvero bisogno. Ecco come ho capito di essere un volontario involontario che partito per vedere un nuovo lavoro in terre lontane, ne ha trovato uno in fondo al suo cuore. Grazie Giangi per la lezione che mi hai dato, in venti giorni passati con te e gli altri amici ho diviso e condiviso un mondo lontano e sconosciuto pieno di contraddizioni e di sorrisi, quelli non mancavano mai, mai.
10 gennaio 2016. giorno 1 partenza x il Madagascar
Sono le 2,45 suona la sveglia, questa scena l’ho già vista altre volte, zaino da 70 Lt sulle spalle e quello da 20 di fronte, si parte. Sto cercando di unire un viaggio di piacere, incollarlo con della solidarietà, dipingerlo di cultura, con una spruzzata di interesse. Partirò da Linate per Parigi e arriverò ad Antananarivo la capitale Malgascia dove passerò la notte, il mattino seguente con il pulmino noleggiato dall’associazione Unico Sole mi sposterò presso il villaggio di Ambositra dove parteciperò all’inaugurazione di una scuola. Il giorno seguente sempre con il pulmino arriveremo alla città di Fianarantsoa. E mercoledì con un taxi Brush (letteralmente taxi della savana) a Ihosy, dove siamo attesi da Mattia, cugino di seconda generazione che sta insegnando Inglese ai ragazzi del posto. Uso i termini arriveremo e siamo perché contrariamente al solito non viaggio da solo, sono in compagnia di 4 amici, Angelo, Elide, Luca e Sonia. L’idea è di fermarmi una decina di giorni, aiutando Angelo in alcune lavorazioni alle case del villaggio di Ihosy.
Trascorso questo periodo mi rifarò 600 km di taxi Bush e tornato alla capitale mi imbarcherò per l’isola di Reunion, nell’arcipelago delle Mascarene, meglio conosciute come Mauritius che dista 800 km a est nell’oceano Indiano. Qui aspetterò Giacomo per una opportunità un po’ particolare ma non voglio tediare nessuno parlando di lavoro. Mi voglio concentrare sul viaggio malgascio. Inizierò il mio racconto da molto lontano. Era l’otto settembre del 1982, io e mia moglie Maria ci siamo uniti in matrimonio nel santuario di Sant ‘Antonio a Luzzana. Il sacerdote che celebro’ la funzione era un novello prete con vocazione missionaria, tale Padre Gianluigi Colombi , cugino di mia moglie. Dopo pochi mesi e terminata la sua iniziazione in Sardegna, Giangi, lo chiamerò così per comodità, inizio’ la sua missione in Madagascar. Da allora sono passati 33 anni e io sono curioso di vedere cosa di buono abbia compiuto questo cugino, compaesano, missionario nella lontana isola africana. Naturalmente mi sono portato le scarpe da trekking e i sandali, spulciando google Heart ho visto dei bei percorsi da attraversare con tanto di laghi e cascate. Ora sono in aereo mancano ancora oltre 6 ore all’arrivo, ho pranzato e non sono stanco, ma per mantenermi in forma faccio della ginnastica da seduto, chiuderò gli occhi per un paio di’ ore e leggero’ uno dei libri che mi sono portato. Sono molto eccitato al pensiero che nei prossimi giorni attraverserò un bel pezzo di questa stupenda isola, anche se non come vorrei, il tram di San Antonio dovrà aspettare qualche giorno sostituito da mezzi meccanici a 4 ruote. Chiudo così il mio primo giorno di diario, domani siamo al caldo e all’umido.
Buon cammino Bacelix
11 gennaio 2016 giorno 2 Antananarivo
Prima notte passata nella capitale del Madagascar, in un albergo a 20 minuti di pulmino dall’aeroporto. Tutto ok sveglia alle 6,30, una colazione abbondante e si parte per la diga, località che somiglia molto ai nostri mercatini di Natale. C’e infatti lungo il corso del fiume cittadino un argine pedonabile da dove si lascia spaziare lo sguardo su una parte della città che somiglia molto alla nostra città alta.
Sotto di me, alla mia sinistra serpeggiano sinuose le bancarelle con ogni genere di artigianato locale. Si va dai gusci di tartaruga ai fossili, alle macchine costruite con lattine delle bibite, ai più svariati oggetti in legno in pietra, la preziosissima vaniglia e altro ancora. Acquisto due acchiappa sogni per le mie nipotine Lidia e Viola e con Luca il membro più giovane della brigata mi avvio sull’argine a caccia di fotogrammi da inserire nell’album. Percorriamo il fiume per un paio di chilometri osservando curiosi l’estrazione della sabbia dal letto del fiume, la costruzioni di mattoni in terra cotta e le donne che allegre lavano i panni nell’acqua color caffè latte, non mancano pescatori e semplici perditempo che come noi curiosano sull’argine.
Veniamo raggiunti dal resto del gruppo e in pulmino ce ne andiamo in un moderno centro commerciale a fare la spesa per la nostra sopravvivenza.
Pane, latte, birra, acqua e altri generi di prima necessita. Ci rimettiamo in viaggio in una coda chilometrica che aggira la città, ci fermiamo a prendere la frutta, banane, ananas, mango in altre bancarelle sul percorso e seguendo il fiume scendiamo verso sud. Come sempre non vedo l’ora di uscire dalla città e vengo ripagato da una natura rigogliosa, dove l’uomo ci ha messo le mani vediamo distese di risaie che mano a mano salendo l’altipiano diventano a terrazze sempre più articolate e ben costruite. Sembra che il riso sia l’attività di punta di questa gente, aiutata dalla stagione dei monsoni che porta con sè quantità considerevoli di pioggia. Ci fermiamo a pranzo ai bordi della strada perché abbiamo individuato una stupenda cascata, e mentre le signore si prodigano in acquisti, noi maschietti prepariamo la pappa. Taglio un salame portato da casa, sembra bollito a causa del caldo ma e’ ancora mangiabile, il grana, e poi passiamo alla frutta. Banane a go go e ananas dolcissimo, fa caldo le nuvole che nascondevano il sole sono sparite, è meglio ripartire.
La strada bella e liscia comincia a farsi piena di curve, saliscendi e buche grandi da ingoiare uno zebù, che troviamo su tutto il percorso a brucare l’erba verdissima. Ma dopo sette di ore di questa giostra siamo messi a dura prova. Il pulmino e’ scomodo, inoltre abbiamo i 12 bagagli stipati all’interno.
Sono le 17,45 ci fermiamo in un umile alberghetto, stasera zuppa di legumi e carne di zebù. Buon appetito e buona notte.
12 gennaio 2016 giorno 3 Ambohimasoa
Mamma mia, mettermi questa sera a scrivere le mie solite due righe mi mette in difficoltà. Non so proprio da che parte cominciare, tante sono state le cose i luoghi che ho visto e gli amici che ho ritrovato. Pronti?
Sveglia alle 5 colazione e partenza sul pulmino stra colmo di valige, ho insistito per spostare i bagagli a meta’ bus per avere la possibilità di allungare le gambe dopo il viaggio di ieri, ma non è stata una buona idea. Stamattina il cielo è terso dopo il passaggio del temporale di ieri sera, e che temporale, che pero’ mi ha permesso di dormire al fresco. Inizia subito a serpeggiare la strada, sia a destra che a sinistra si vedono terrazzamenti di risaie che alternano fazzoletti di terra coltivati a mais. Passiamo piccoli villaggi che non sono sulla strada ma si intravedono sui rilievi con costruzioni in mattoni intonacati nell’ordine di 5/6 case mono familiari.
La scelta di sedere dietro non e’ stata vincente e me lo ricorda anche Luca il mio giovane pupillo che, oltre allo stomaco che protesta vivacemente per le buche improvvise,vedeva le curve e le brusche frenate per evitare altri mezzi che provengono dalla direzione come un film della serie Fast and Furios. Il nostro autista Haja che si legge aza, viene spesso fatto fermare per una foto, l’acquisto di frutta o semplicemente per fare quattro passi, e dato che non siamo galline, per pisciare, come scoprirò più tardi per via di un proverbio locale. Sono le 8 del mattino e arriviamo in vista della città di Ambohimasoa, l’ingresso del paese e’ molto pittoresco sulla strada stretta e sinuosa, le multicolori botteghe si alternano, tra un gommista un fabbro e i venditori di frutta e carne. La nostra prima tappa in questa luogo ha lo scopo preciso di partecipare alla inaugurazione di quattro aule della scuola elementare e media locale finanziate da UnicoSole. Non pensavo che noi fossimo gli ospiti d’onore e appena scesi dal pulmino, siamo stati assaliti da 1500 bocche sorridenti, da 3000 occhi pieni di curiosità e riconoscenza, il magone mi ha serrato la gola e inumidito gli occhi. Poi e’ arrivato da Tsarafidy padre Giangi e Mattia che ho rivisto con tanta gioia e da come mi hanno salutato la cosa e’ stata reciproca. Ha seguito poi la Santa Messa animata da 1500 ragazzi che cantavano in modo da emozionare anche la sabbia dove si camminava. Verso le 13 siamo stati invitati in un ristorante del luogo il più bello del paese, per i canoni locali, per i nostri no, ma a noi sembrava di pranzare Da Vittorio. Ho assistito alle richieste delle autorità che avrebbero voluto avere un’ altra scuola, Elide il presidente di Unico gli ha spiegato che serve uno studio per capire esattamente quello che serve per il progetto. Alla fine ci hanno portato a vedere un terreno secondo loro adatto alla costruzione della scuola. Il temporale improvviso ci ha fatto fuggire a gambe levate, dopo avere scoperto di avere una gomma a terra il nostro Haya si è fermato dal gommista per una gonfiata allo pneumatico. Abbiamo proseguito sulla National n. 7 che è la spina dorsale del paese la quale attraversa tutto il Madagascar per 900 km. Dopo altri 150 km siamo arrivati alla destinazione finale di questo giorno, Fianarantsoa , qui c’erano 52 ragazzi che ci aspettavano, dopo averli salutati uno per uno ho assistito ad un piccolo incidente. Una ragazzina di nome Flora, dall’apparente età di 10 anni e’ svenuta a terra, soccorsa dai presenti è stata portata semi incosciente all’ospedale locale, uscita con una prognosi non ben definita è stata messa a letto dopo avere mangiato un pugno di riso. Sono le 20,30 si cena in una mensa semi buia ma piena di calore umano. I ragazzi hanno preparato riso, pollo e le immancabili e deliziose verdure, che sono condite solo con spezie locali, buonissime. Dopo la cena Padre Giangi ha invitato prima noi 5 ospiti a presentarci, poi è toccato ad ogni singolo ragazzo/a dei 52 i quali hanno chi in Malgascio chi in Francese e qualcuno in Inglese raccontato da dove vengono, età e scuola frequentata. Di seguito ognuno di noi ha eseguito chi una poesia, una canzone o solo due parole per animare la serata. Ci siamo dati la buona notte e senza poterci lavare per mancanza di acqua ci siamo messi in branda, e abbiamo dormito lo stesso.
A domani.
13 gennaio 2016 Fianarantsoa giorno 4
Stamane la sveglia è alle 4,30, mi sono fatto carico di preparare la colazione. Latte, caffè , te e marmellata di ananas. Ho tribolato non poco ad apparecchiare, semi buio e non conoscendo la dislocazione delle poche stoviglie e tutti i problemi legati al fatto che non ti muovi bene in un ambiente che non conosci. Comunque è andato tutto per il meglio, i miei compagni sono sazi, caricato il pulmino, sono le 6, si riparte per l’inaugurazione di un’altra scuola. Sono rimasto piacevolmente colpito dall’attività svolta dall’associazione Unico Sole, che spazia dalla costruzione di scuole, all’allevamento di galline, alla produzione di uova e altre mille attività. La spedizione odierna mi porta alla seconda inaugurazione di aule scolastiche in una zona fantastica. Dopo avere percorso un tratto di strada dove passava un’antica foresta e percorso un centinaio di chilometri, il pulmino ci fa scendere e Padre Giangi ci indica una strada di campagna che porta ad un villaggio con una ventina di casupole di mattoni e fango. Ci accoglie il capo villaggio e una vetusta signora di bianco vestita, dopo i saluti rituali ci viene indicato il serraglio degli zebù scavato in una buca di 3 metri all’interno del villaggio. E’ stato fatto in questo modo per via dei razziatori di bestiame che imperversano nella zona. Si presentano al villaggio di notte in una trentina di loschi individui e sollevando letteralmente i buoi li portano via per venderli nei mercati del nord. Finita la visita al recinto, il vecchio ci mostra una pietra sacra poggiata per terra che noi Vazha, (stranieri) non possiamo toccare, pena orribili sventure. Non contento di averci terrorizzato con la pietra sacra, ci ha mostrato una costruzione sempre in pietra molto antica, dicendo che fosse la tomba comune del villaggio. Decorata con due dolmen cilindrici alti 3 metri e un corridoio di una decina di passi che mostrava il segno dell’ingresso al tumulo il quale si trovava sotto terra di altri 3 metri. Sotto poi si aprivano 4/5 stanze con le varie tombe di famiglia che con cadenza irregolare tumulavano i propri cari. Lasciato il villaggio ci incamminiamo sulla collina in direzione della scuola, arrivati sull’altipiano una marea di giovani e vecchi ci accolgono festanti. Alla sinistra il palco delle autorità con un vecchio impianto per il microfono e la pianola che accompagna i canti. Io e Luca ci stacchiamo dalla ressa e ci inerpichiamo su per la collina, superiamo un centinaio di metri di dislivello e scolliniamo. Troviamo contadini e boscaioli intenti nei propri lavori, resto affascinato da tre boscaioli che tagliato l’albero e fatto cadere terra dopo averlo squadrato grezzamente ne fanno dei travetti, qualche foto e giù di nuovo per la Messa ormai iniziata da un pezzo. Vengo incaricato da Padre Giangi di rilevare l’altezza di dove siamo tramite il GPS del mio fido iPhone e quella di un bacino idrico che si vede dall’altra parte della valle, sempre con Luca, apprendista pellegrino camminiamo per oltre mezz’ora passando per un piccolo ospedale dove fuori in attesa paziente una trentina di persone attendevano il proprio turno. Camminiamo lungo il tracciato del tubo di discesa a valle seguiti da una miriade di bambini che simulano un inseguimento al nemico (che saremmo io e Luca) sino ad arrivare alla cisterna. Con sorpresa trovo sulla costruzione la foto di due persone una che ho avuto il piacere di conoscere era di Giuditta la moglie di Angelo morta ormai da più di trenta anni, ho provato un paio di volte a parlare di Lei con Angelo ma il ricordo per la moglie scomparsa era talmente doloroso da fargli mancare la voce e bagnare gli occhi anche dopo tanti anni. Scendiamo spediti verso il villaggio, la strada e poi su alla scuola, pranzo a base di riso, pollo e verdure e dopo avere salutato la marea di gente, la lasciamo festante a ballare e cantare, ci incamminiamo a ritroso verso valle. Saliamo a bordo del pulmino e torniamo verso la casa famiglia, non prima di fermarci per salutare il sindaco della località che orgoglioso ci mostra i 7 chilometri di strada scavata nella terra sabbiosa tutta a mano da un centinaio di operai del luogo. Impressionante quanta terra abbiano spostato con il solo ausilio di piccole vanghe. Arrivati di nuovo a Fianaransoa, perdiamo un paio di ore per tirare l’ora di cena. Alle ore 20 passate ci mettiamo in viaggio per Ihosy che dista 4 ore di strada. Buia, piena di buche, con molti posti di polizia. Ogni tanto ci si ferma perché non siamo galline e dobbiamo pisciare, e mi perdo a guardare le stelle, pensavo che quelle del deserto Marocchino fossero le più belle ma mi sbagliavo. Da qui si vede la via lattea in tutto il suo splendore, una lunga scia che si piega alle estremità continuando a perdita d’occhio. Percorriamo nel buio assoluto un tratto di strada che mi pare non finire mai, tagliato solo dai deboli fari del nostro mezzo. Il pulmino viaggia a tavoletta e ogni tanto rallenta e sterza bruscamente per schivare una buca, questo esercizio tiene tutti svegli e in tensione. Dopo non so quanti chilometri, è mezzanotte e entriamo nel cancello che chiude il muro di cinta della casa di Ihosy, non scarico nulla mi butto sulla branda e ……….. Buonanotte
14 gennaio 2016 Ioshy giorno 5
Sveglia alle 5 e colazione, visita con Giangi ai pollai dell’associazione e subito dopo partenza per visitare le tre proprietà che distano dalla casa una ventina di km. La prima Marufivango che si trova in una pianura tra due catene montuose distanti tra loro una trentina di km. Una costruzione in mattoni con porte e finestre rivolte a ovest, un pozzo profondo quindici metri e trecentocinquanta ettari di terreno pianeggiante coltivato in piccolissima parte a riso, arachidi, papaia. I confini sono tracciati con l’aratro e sono state piantate 400.000 piantine di eucalipto. Lasciata la solita strada principale, la 7 mi sono fatto lasciare all’inizio della pista che lunga 9 km serpeggia sino alla casa. Arrivato li ho vagato per un altra ora in cerca del pulmino dei miei compagni che nel frattempo aveva fatto il giro della proprietà e aveva seguito il lavoro del trattore. Qui la terra costa veramente poco e la mano d’opera di un uomo dei campi vale 2 euro al giorno, il Madagascar è tra i 10 paesi al mondo più poveri e per reddito pro capite è il terzultimo. Il secondo terreno visitato viene chiamato Sakalalima, è quello che mi e’ piaciuto di più in assoluto. Anche qui la casa in mattoni sul modello della precedente ma costruita ai piedi di una collina in pietra alta circa 300 mt, dove alla base scorre una piccola quantità di acqua. Qui è iniziata la costruzione di risaie alimentate da 3 bacini costruiti spostando semplicemente delle grandi quantità di terra in zolle e compattandole con i piedi. La terza proprietà è chiamata Ivandrika, qui oltre alla casa e’ costruito un magazzino per le granaglie, questi due terreni sono i più accessibili perché vicini alla strada principale. Il totale dei terreni occupa un’ area lunga 10 x 8 chilometri.
Rientrati dalla gita un pranzo veloce e si e’ iniziato a tirare cavi e montare
scatole per l’impianto elettrico della casa di Ihosy sino a sera inoltrata.
Buonanotte domani riprendono i lavori.
15 gennaio 2016 Ihosy giorno 6
Qui la sveglia e’ fissa alle 5,30, anche perché il sole comincia presto a martellare le teste, colazione e per oggi e’ previsto il montaggio di un piccolo impianto fotovoltaico sulla casa di Marufivango, il primo terreno visitato, per intenderci quello con 9 km di pista. Alla partenza dalla base dovevano esserci anche i due lattonieri addetti alla costruzione e al montaggio dei canali di gronda, ma al momento di partire uno dei due si e’ dissolto. E così anche il secondo non si e’ imbarcato con noi sul pulmino. Devo dire che il tempo come lo intendiamo noi, qui ha un valore completamente diverso, è vero che ci si alza presto, ma si spende tanto tempo per la mancanza di organizzazione. Questo da parte di persone, i locali, che del tempo non tengono assolutamente conto, inoltre chi vive spesso in queste terre come padre Giangi diventa uno di loro anche per questo difettuccio. Comunque per farla in barba ai tempi malgasci alle 16 quando ci siamo reimbarcati sul pulmino, l’impianto fotovoltaico era in funzione e il telefono del responsabile poteva essere caricato con il nostro impianto oltre al trapano da 700 watt che funzionava egregiamente. Il lattoniere che nel frattempo un po’ a piedi e un po’ con un passaggio di un locale aveva raggiunto la casa aveva iniziato la preparazione delle lamiere ed io affascinato dalla loro manualità ho perdonata la loro scarsa puntualità. Rientrati al campo un po’ stanchi un po’ contenti un po’ sognanti ci siamo messi in branda per un meritato riposo. La cena comune e le chiacchiere su quanto combinato in questa giornata hanno concluso degnamente la giornata. Memore della calura africana della notte prima, ho trascinato fuori la mia branda e con le mie fide cuffiette negli orecchi mi sono addormentato sotto un manto di stelle. Solo verso le 3 ho spento la musica e tirandomi il lenzuolo sulle spalle mi sono riaddormentato.
A domani pellegrino Malgascio
16 gennaio Ioshy giorno 7
Il risveglio e’ stato dettato dal sole che come ogni mattino picchia duro, anche presto, Lidia la nostra cuoca locale mi ha dato il buongiorno ridendo vedendomi seminudo attorcigliato nel verde lenzuolo all’esterno della camera. Lidia che come molte altre giovani donne della casa aspetta un bambino e seppure in gravidanza avanzata alle 4,30 è in piedi a preparare il pan per tutti, insieme a Roland suo marito è il custode per tutto l’anno della casa del frutteto e del pollaio. Ieri Il nostro autista è tornato alla casa famiglia di Fianarantsoa a prendere Elide e Sonia che si erano fermate in città per altre questioni legate alla associazione. La giornata e’ iniziata come al solito all’alba con la lavorazione qui alla casa dell’impianto elettrico, mi rendo
conto che qui le cose da fare sono molte e quello che manca oltre ai materiali
e’ il tempo, cosi’ tutti si danno da fare per ottimizzarlo cercando di contrastare l’indole indigena. Arrivano così le 13 e si pranza, non manca nulla sulla nostra tavola nemmeno la preghiera per ringraziare di tutto quello che riceviamo e riusciamo a donare. Un pisolino veloce non me lo faccio mancare e si riprende a produrre sino al tramonto. Il mio figlioccio Luca che credeva di farsi una vacanza indimenticabile è un po’ deluso, ma l’armonia che si è venuta a creare tra di noi ha fatto si che ogni giorno che passa sia appagante e pieno. Solo quando andrà a casa e ripenserà con nostalgia ai giorni passati nella terra rossa riuscirà a metabolizzare l’importanza di questo tempo speso a disposizione di chi ha poco più di niente. Anche stasera non e’ molto tardi ma la stanchezza si fa sentire, una stanchezza sana, pura come la voglia di fare qualcosa solo per il gusto di farlo .
Pecat a Mor buonanotte
17 gennaio 2016 Ihosy giorno 8
Oggi grande festa, Rene un malgascio primo tra i lavoranti della missione, diventato imprenditore avicolo grazie al lavoro piantato in questa terra dalla caparbia volontà di padre Giangi , ha inaugurato una nuova attività. Un allevamento di galline ovaiole, che danno da lavorare a parecchia gente locale. Alle 8 l’ora fissata per l’uccisione del bue, cibo per oltre 300 invitati, le donne gli uomini sono stati divisi in due ali di folla. Rene insieme a tre anziani ha iniziato salmodiando una cantilena di ringraziamenti alla terra e agli avi e dopo 2 ore di rito si è proceduto all’uccisione dello zebù. E’ stata celebrata la Messa lunga e cerimoniosa e alla fine si e’ mangiato riso, verdure e carne di zebù bollita che non mi ha entusiasmato. Verso le 15 siamo rientrati a verso la casa ma prima siamo passati alle carceri della città.
Qui abbiamo trovato una situazione assurda di degrado e abbandono della persona, mi è stato chiesto da Giangi se volevo collaborare per dare qualcosa da mangiare a questa gente. L’associazione Unico Sole di Seriate, da anni provvede oltre ad altre iniziative alla sostituzione delle pentole in alluminio da 150 lt che i carcerati utilizzano per fare bollire la manioca e che si consumano vistosamente, il costo di due pentole sfiora i 500 Euro. Per dare
da mangiare anche solo per un paio di giorni a oltre 260 poveri affamati servono quintali di cibo e il cibo costa, così mi e’ venuta l’idea di chiedere aiuto agli amici di Facebook . Ho lanciato l’appello e sono curioso di vedere quanti amici mi daranno una mano. Rientrato dalle carceri con la promessa fatta di dare una mano a questi disgraziati la sera a cena si è stesa una lista della spesa. Due caciope di riso e una di fagioli. La caciopa è la misura con cui si misurano le piccole quantità siano esse di riso, sale, fagioli o zucchero.
Servivano inoltre 260 pezzi di sapone per lavarsi, 15 secchi, due per camerata da usare come latrina e 15 taniche adatte a contenterà acqua, del disinfettante per sterminare le zecche presenti a migliaia e della calcina con del sale per poterla sciogliere così da essere usata come tempera sui muri. Stilata la lista della spesa e cenato sono le 21,30, trascino fuori la mia branda, la posiziono sotto le stelle e mi stendo a dormire cercando inutilmente di contarle.
Buonanotte Bacelix domani altra giornata.
18 gennaio 2016 Ihosy giorno 9
Oggi è lunedì Io, Luca e Angelo proseguiamo con i lavori di installazione delle linee elettriche per la casa dove abitiamo, mancano le prese, gli interruttori, un paio di luci esterne. Mentre si lavora continuano ad uscire nuove mansioni. Giangi si rivela un imprenditore consumato che sa bene come trattare con i locali e con noi volontari, riesce sempre ad ottenere quello che vuole tirando il collo un po’ a tutti, ma sempre con un sorriso. Questi tre simpatici giovanotti non siamo io Luca e Angelo ma i tre muratori (specializzati) che ci hanno accompagnato attraverso alcune lavorazioni. Io li ho ribattezzati in funzione della loro indole e precisione. Il primo a sinistra, Mario Casela in quanto preciso e metodico come l’amico di Luzzana Mario. Il secondo, Fabiano che come Fabiano di Grone, sempre ciarliero e scherzoso non faceva mai mancare una battuta o uno scherzo a chi gli stava accanto. Il terzo l’ho ribattezzato Riccardo, come il rimpianto amico che langue in un letto di ospedale, secco più degli altri, simpatico e grande lavoratore. E a questi il sorriso non manca di certo, specie se mi vedevano a salire su una scala malferma o su una sedia, mimando le gambe che si schiantavano e ridendo a crepapelle.
19 gennaio 2016 Ihosy giorno 10.
Al mattino con Angelo e Luca lavoriamo agli impianti elettrici della casa. Nel pomeriggio Mattia ha organizzato un incontro al liceo dove insegna la lingua Inglese.
Passando nel parco della scuola si vedevano piante bellissime di diverse specie e qualche lemure. Ma la cosa che più mi ha fatto sorridere era passare fuori dalle classi e vedere tutti i ragazzi affacciarsi alle finestre salutando e ridendo. Siamo entrati poi in tre aule dove Mattia ha mostrato i progressi dei suoi allievi che rispondevano alle nostre domande in Italiano e Inglese. Ogni classe si è poi esibita chi in ballo chi in un canto. Io non ho potuto tirarmi indietro e ho estratto dal mio repertorio qualche chiassoso pezzo che ha fatto strabuzzare gli occhi ai presenti non abituati alla lirica. Rientrato verso le 17 ho dato forfait e mi sono steso nella calura pomeridiana. Ci sono volute due docce per abbassare la temperatura corporea.
Alla fine Angelo ha cominciato con: ma se mettessimo 2 tasselli a quel cavo e se cambiassimo quella presa intanto che viene ora di cena? Alla fine mi sono alzato dalla branda e ho ricominciato a bucare e avvitare sino quasi all’ora di cena. A un certo punto ho mandato a farsi benedire il mio superiore e mi sono infilato sotto la doccia, dopodiché fresco e riposato mi sono messo a scrivere le due righe giornaliere, negli ultimi giorni sono proprio solo due righe. Non penso sia tanto affascinante raccontare di quanti metri di cavo siano stati posati o quanti tasselli si siano infilati nel muro……..
20 gennaio 2016 Ihosy giorno 11
Mercoledì, oggi giornata pienamente lavorativa, dobbiamo finire gli impianti del Piccolo Ihorombe dove abbiamo installato l’impianto fotovoltaico, resta poco da fare, tirare una cavo d’acciaio, fissare le lampade sulle perline da poco posate e sigillare i fori nel muro. Lascio a malincuore questo luogo tanto bello selvaggio e tanto fuori dalla civiltà che ti fa sentire davvero libero. Seppure senza tante comodità, a dire la verità ben poche, in questo posto ci starei 2/3 giorni da solo spaziando in questa immensa pianura soleggiata sino alle montagne da nord a sud e usandolo come campo base per delle gite solitarie. Domani è programmata la visita al parco di Isalo e venerdì il pulmino porterà, dopo un viaggio di tre giorni, Sonia, Luca ed Elide ad Antananarivo dove il 25 un volo per Parigi e poi Milano li riporterà a casa. Noi nel frattempo saremo appiedati e ci dedicheremo ai lavori all’interno della missione. Io, Angelo e Luca ci diamo dentro anche se la partenza programmata per le 7 dalla casa è slittata alle 9,30 per tutta una serie di problemi. Qui è così non si può mai sapere cosa può succedere.
Arrivati a destinazione e coinvolti anche i bambini che vivono nel piccolo Ihorombe, corrotti con delle caramelle (bon bon) si sono dimostrati molto disponibili a darmi una mano per tirare un cavo o per radunare le attrezzature e infine per la pulizia, minuziosa di tutti i cavetti e plastichine avanzate.
Alle 16 siamo sulla strada del ritorno, devo distribuire la prima trance di libagioni ai carcerati. Appena arrivato alle carceri mi viene incontro un prigioniero con una ferita di arma da fuoco alla gamba, quasi piangente mi prega di dagli un’occhiata. Io porto sempre con me la cassetta del pronto soccorso lo faccio sedere e gli disinfetto il meglio possibile la ferita e la copro con della garza sterile. Pulendola mi sono uscite delle uova biancastre, penso che fossero di qualche strana mosca. Visto poi le condizioni in cui si trovavano non c’era da stupirsi, brrr…..Nel frattempo sono stati disposti i sacchi di riso e di fagioli per la distribuzione. I prigionieri in fila ordinata per 2 e per 4 attendono pazientemente il proprio turno non nascondendo con gli occhi una certa fretta di ritirare quello che per loro è un vero e proprio ben di Dio. In questa prigione ci sono adulti, minorenni, e donne che vengono rinchiusi per la notte in camerate separate, questo cucciolo a destra nella foto è il figlio di una detenuta, carcerato pure lui suo malgrado. Per ringraziaci di quanto offerto, i carcerati hanno intonato un canto a due voci molto bello e melodico.
Giangi mi ha poi invitato a restituire la cortesia facendomi esibire con un canto a mia scelta. I reclusi hanno apprezzato tanto le mie doti canore da chiedere un bis. Non perché io sia così bravo, ma giusto perché loro possano stare fuori dalle celle ancora qualche minuto. Me ne sono andato da quel posto, contento di avere contribuito anche se solo per un brevissimo periodo alla loro precaria situazione. E’ vero che se sono li dentro qualcosa di brutto lo abbiano combinato, ma bisogna anche capire il contesto, qui la gente vive con una manciata di riso e i frutti che ti offre la natura. La natura di un uomo lo porta anche a desiderare qualcosa in più, e basta rubare una gallina per essere un criminale e finire in galera.
21 gennaio 2016 Parco di Isalo giorno 12
Dopo l’arrivo a Ihosy oggi è il primo giorno di svago, si va al parco di Isalo. 80.000 ettari di foreste, canyon, cascate e vista mozzafiato. Partiti dalla città verso le 7 con il nostro scomodo pulmino ci dirigiamo verso sud ovest salendo l’altipiano chiamato Grande Ihorombe. Dopo una ventina di tornanti dolci ma pieni di buche arriviamo alla sommità del monte. Da qui in poi una lunga strada diritta taglia l’altipiano in due, la percorriamo senza scorgerne la fine. Vedo delle costruzioni diroccate e mi viene detto che erano state allestite per potere osservare meglio l’eclissi totale del 2003, tentativo di installazione turistica stabile. Avrebbero potuto ad oggi farne un uso migliore e non lasciare andare in malora tutto quanto. Proseguiamo il nostro viaggio e alla mia destra scorgo una moderna fattoria con un silos che svetta all’orizzonte.
E’ l’investimento di una multinazionale la Tozzi Green che qui ha speso un po’ dei suoi utili. Mi viene indicata più avanti un’altra costruzione, anzi due, dalla forma ormai familiare intuisco siano delle scuole, infatti Elide mi dice che anche queste costruzioni sono state donate da un ente no profit.
Dopo oltre un ora di strada arriviamo all’esterno del parco dove una decina di guide, ognuna che parla una lingua straniera diversa circondandoci si informano sulla nostra provenienza. Scelta la nostra guida scopriamo con stupore un nome non proprio malgascio, Dollaro, lasciatogli dal nonno che un paio di generazioni prima era andato a avorare in America. Tornato ha battezzato i propri figli con nomi di Monete Americane.
Dollaro si è rivelato una guida esperta e mentre camminava ci illustrava le
peculiarità del parco, facendoci notare particolari che a noi sarebbero sicuramente sfuggiti. Animali perfettamente mimetizzati nel verde, uccelli tanto piccoli da passare inosservati e piante a noi sconosciute come il Bao Bab nano. Su questa stele di pietra è scolpito il perimetro del parco con all’interno indicazioni sui percorsi sia lunghi che ridotti e aree dove passare la notte. L’escursione iniziata in campo aperto e con un caldo soffocante è continuata poi facendoci immergere in una foresta fresca e vociante di uccelli e cicale. Un continuo saliscendi su rocce sapientemente scolpite a gradoni, si alternava da un corso d’acqua a un laghetto, una ripida salita o una repentina discesa. in uno di questi su e giù ci siamo trovati di fronte ad un laghetto con cascata. E’ bastato uno sguardo, io e Luca ci siamo buttati senza pensarci due volte. L’acqua fresca ma non troppo ci ha rigenerato, mi sono poi arrampicato sulla cascata dove ho fatto una gigantesca doccia con l’acqua che mi precipitava sulla testa, tanto da essere dolorosa. Tornati sui nostri passi per qualche centinaio di metri ci siamo divisi, Elide, Angelo e Sonia, hanno proseguito per il sentiero pianeggiante che portava ad altri due laghetti.
Dollaro, ha condotto me e Luca sulla sommità del canyon lungo un sentiero impervio e con una vista mozzafiato. Il sentiero, scavato nella morbida roccia dopo una salita piuttosto impegnativa a un certo punto gira a destra di 90 gradi e si spiana diventando un terrazzo lungo e stretto. Da qui si gode la vista di uno scorcio di valle che scende in una foresta lungo il corso del torrente, che poi alimenta il lago e la cascata dove poco ero poco prima. Seguendo lo stesso sentiero, imbocchiamo una valle laterale che ci invita a salire ancora, sino al punto più alto del canyon. E’ qui che troviamo una concentrazione di Bao Bab nani, di diverse forme, con pochi o con tanti rami, tutti caratterizzati da una base panciuta che sembra appoggiata alla roccia.
Dopo avere scrutato l’orizzonte, una nuvola con un gancio appesa al cielo e avere ascoltato il frinire assordante delle cicale, scendiamo un sentiero che ci accompagna in un’altra valle molto profonda. Sento da lontano la voce di Angelo accompagnata da un eco scrosciante. Anche qui cascate e laghetti sono avvolti dalle pareti che accolgono un torrente.
Troviamo il resto del gruppo accampato in semi ombra che ci attende per il breakfast, non prima di un tuffo e una nuotata nel laghetto nero e già che ci siamo anche in quello blu. Questi sono i nomi attribuiti alle due pozze d’acqua limpida. E così dopo un ora di relax e con la pancia piena ci incamminiamo giù per il corso del torrente in un percorso di sassi giganti e sentieri scavati nella roccia, sino ad arrivare al campo base, dove il nostro pulmino ci raccoglie e usciti dai confini del parco torniamo verso Ihosy. Devo assistere su raccomandazione di Elide alla distribuzione della seconda trance di riso e fagioli ai carcerati. Elide, esperta perché ormai da anni viene a trovare questi disgraziati mi ha dato ottimi consigli che si sono rivelati basilari nelle visite svolte alle carceri. Con la seconda distribuzione alle donne, ai minorenni e a due malati di tubercolosi, sono state aggiunte delle porzioni di riso e fagioli per i prossimi giorni. Qui l’obesità non è presente. Alla fine viste le generose offerte, arrivate a circa 400 Euro, sono riuscito a raddoppiare le porzioni di cibo, ecco perché si è passati una seconda volta a distribuire, e fare un’altro piccolo giro. Grazie ancora a chi ci ha dato una mano. Domani si inizia a dare la calcina sulle pareti rattoppate i buchi con terra e sterco di zebu, finalmente si toglieranno i segni delle zecche schiacciate sui muri. Mi piace immaginare questo posto come un esposizione di camion giocattolo multicolore (i carcerati) che attendono pazientemente che qualcuno li faccia uscire dal loro espositore (il carcere) per percorrere liberi e lavorando la propria strada.
Buon cammino amici delle carceri di Ihosy, buon cammino di cuore.
22 gennaio 2016 Ioshy giorno 13
Non si fa in tempo a finire un lavoro che il Giangi te ne procura subito un altro. Quando sono arrivato il primo giorno, dei muratori locali stavano segnando il terreno con dei sassi spaccati di granito. Erano le fondamenta di 3 gabinetti e un lavandino gettato sul posto. Ora che sono conclusi gli impianti elettrici , mi appresto a preparare l’impianto idraulico di questi nuovi servizi igienici per gli operai che lavorano qui . E’ sorprendente vedere quanto poco tempo ci mettano i locali a costruire una struttura, utilizzando pietra locale, mattoni cotti e cemento. Non esistono betoniere o strumenti di misura sofisticati. Si costruisce come ai tempi di Michelangelo, usando l’abilita manuale e la forza delle braccia. Non serve la corrente, si inizia a lavorare quando c’è luce e si finisce quando la luce se ne va’, un po’ com’era da noi nelle campagne un secolo fa’. Sono aiutati dal fatto che qui la terra è una sabbia rossa e compatta, non usano picconi o grandi badili, lavorano con delle vanghette con un lungo manico e invece di calcare con il piede la vanga nella terra , la spingono a forza di braccia riuscendo a spostare quantità di terra incredibile. Mentre alcuni operai costruivano i bagni altri erano occupati a scavare delle buche perfettamente quadrate da usare come fosse biologiche , tutte sotto l’occhio attento di Giangi che dava indicazioni chiare e precise al responsabile. Basilare è spiegare in modo corretto quanto si vuole eseguire, una volta capito il lavoro gli operai lo eseguono fedelmente. Dopo avere segnato le tracce da eseguire per alloggiare le tubazioni me le hanno scolpite in maniera quasi maniacale.
Giangi mi ha chiamato per una modifica ad un interruttore che non funziona e già che ci siamo me ne fa installare un altro con una nuova luce. Poi carica la sua moto, una Honda 125 di bassa qualità per i nostri standard e parte con cesti vanghette e altre attrezzature manuali da portare nei vari terreni, dove decine di operai sono a scavare, dissodare, seminare e raccogliere ogni tipo pensabile di frutta e verdura che qui cresce dove e’ possibile irrigare. Sta venendo buio anche stasera, preparo la nota dei materiali da acquistare, domattina mentre Angelo si farà tirare matto dalle continue richieste di Giangi, io andrò a comperare i materiali che mi servono. Sono le 19,30 e Lidia la nostra cuoca Malgascia ci chiama per la cena. Buon appetito Bacelix , devo dire che non manca, sto prendendo ancora peso, ho bisogno di camminare ma non in questo clima. A domani.
23 gennaio 2016 Ioshy giorno 14
Notte stupenda, ieri sera mi sono addormentato fuori come al solito cercando la mia stella e non trovandola. Sveglia alle 5, devo fare mille cose, per prima dopo colazione aiutare Angelo a finire le luci esterne della casa dei pulcini, alle 8 parto con Jean Paul in direzione mercato per comperare il materiale occorrente per i bagni. Le foto riportano l’evoluzione dei servizi igienici del luogo, ho omesso di evidenziare il primo stadio che altro non erano che una serie buche piene di m……
Mi ero ripromesso di non fare altri lavori e di andarmene un po in giro a camminare, ma mi rendo conto che quello che non riuscirei a fare ora verrebbe ripreso tra chissà quanto e allora finiamo quanto iniziato anche se il caldo, la polvere e le zanzare non sono mie alleate. Passeggiare per le vie polverose della cittadina di Ihosy è come camminare in un documentario National Geographic Odori, sapori, colori ,risate della gente che vede un omone bianco che si aggira per i banchetti se poi infili le cuffiette nelle orecchie e ascolti la musica che più ti piace, be’ allora è come volare. Arrivato al magazzino, saluto monsieur le patron e con il mio francese inventato inizio la mia sfilza di richieste di materiali divertendo i presenti e me stesso, ci vogliono quasi due ore per uscire vincitore dal bazar. Non resta che portare tutti i materiali alla maison, no problèm. Fermiamo un Tuk Tuk che altro non e’ che un Ape a tre ruote che trasporta umani, animali e materiali. Infilo le verghe di tubo da 5 mt all’interno legandole alla maniera Malgascia (come si riesce) e l’Ape parte strombazzando per le viuzze ingombrate di persone e di ogni genere di materiale. Rientrato, l’impresa mi ha già preparato scavi e tracce nei muri, inizio subito la posa facendo chiudere scavi e tracce appena posato i tubi. Ho assunto come mio aiutante e traduttore Mike, un ventinovenne avido di sapere e conoscenza che e’ anche l’unico che parla un po’ di inglese e traduce le mie istruzione agli operai al seguito. Risultato, stasera tutto posato e murato, pavimenti lisciati e lunedì non resta che posare i sanitari.
Niente piastrelle, un verde acido sulle pareti, solo l’essenziale per usare decentemente i bagni. Dovreste vedere cosa hanno usato fino ad oggi brrrrr. Lidia mi chiama dalla cucina sono quasi le venti, stasera uova fritte verdure di tutti i tipi patatine fritte e birrazza. Buon appetito bacelix a domani.
24 gennaio 2016 Ioshy giorno 15
Domenica giorno di riposo ma non troppo, stamattina sveglia alle 6, colazione poi ho dormicchiato e scritto sino alle 9. Alle 9,30 c’è stata la messa presso la chiesa della parrocchia di Ihosy, sono partito a piedi dalla casa seguito da un codazzo di bambini che aumentavano man mano che si percorreva il sentiero che ci ha portato in un grande spiazzo. Qui i bambini si sono moltiplicati a dismisura, tutti volevano vedere e toccare buda buda ( l’uomo grosso). Entrato in chiesa due bimbette mi si sono attaccate e non mi hanno più mollato. Mattia mi aveva avvisato delle oltre due ore di funzione sapendo che non sono proprio un fervente frequentatore di messe, ma devo dire che il tempo è volato, grazie ai canti intonati e alla partecipazione totale dei fedeli. Dopo la funzione io e Mattia abbiamo attraversato alcune viuzze del paese entrando in una casa di etnia Bara invitati da due belle ragazze che si stavano pettinando, due foto e abbiamo proseguito il giro. Preso un Tuk Tuk ci siamo recati in farmacia per prendere altre medicazioni per i carcerati. Tornati per il pranzo, arriviamo insieme a
Giangi e Angelo che aveva celebrato messa alle 7 in un altro luogo, ma naturalmente prima di rientrare è passato a vedere se trovava qualcosa da farci fare, e lo ha trovato. Sotto la diga delle risaie i rubinetti che controllano il livello dell’acqua perdevano, così dopo pranzo due volontari a caso, io e Angelo ci siamo fatti in giro in moto. Piacevolissimo, la diga si trova a una trentina di km a nord, poi ci siamo persi e così la gita si è allungata, arrivati in vista della diga su uno sterrato tortuoso, dopo una curva mi sono trovato una lunga biscia sulla carreggiata. L’ho investita involontariamente ma non mi sono fermato per prestarle soccorso. Sistemate le perdite ci siamo accorti che non arrivava più acqua, si erano svuotati i tubi durante la riparazione e a causa del basso livello dell’acqua non si riuscivano a riempire. Allora motopompa a 500 mt di distanza tubazioni e casini vari ma nel frattempo si e’fatto buio rientriamo a casa ci pensiamo domattina. Senza casco semi buio quasi una pattuglia ci ferma , tiro diritto non vorrei andare a trovare i miei amici carcerati come compagno di cella. Durante la cena io e Angelo raccontiamo al resto dello sparuto gruppo le avventure del giorno appena passato, io sogno la mia branda sotto le stelle e dopo pochi minuti il sogno si avvera. Buonanotte bacelix centauro.
25 gennaio 2016 Ihosy giorno 16
Oggi il caldo mi ha sfiancato, Giangi e Angelo sono andati a sistemare la diga, io ho finito gli impianti idraulici dei nuovi bagni non completamente, mancavano le doccette che arriveranno domani da Fianarantsoa. Ho aiutato
Angelo a sistemare i mulini e container quando e’ rientrato vincitore con la
battaglia della motopompa. Verso le 5 ho dato forfait ero veramente stanco.
Mi sono steso e mi sono addormentato come una sasso. Adesso è ora di cena,
Lidia ci ha preparato della pasta turca, penso di non avere problemi neanche
stasera ad addormentarmi. Una stanca buonanotte, Bacelix
26 gennaio 2016 Ihosy giorno 17
Se ieri ha fatto caldo, oggi lo ha fatto ancora di più, stamattina io e Angelo in moto siamo andati al terreno di Marufivango per finire alcune cosette e fare qualche foto al recinto dei e buoi. Verso le 10,30 siamo rientrati rifacendo lo sterrato di 10 km e poi la strada sino a Ioshy. Lasciato Angelo ai lavoretti della casa sono andato alle carceri per salutare e fare la medicazione alla gamba del mio solito paziente. Alla fine l’ho fatto uscire per la medicazione e non ho salutato nessuno. Non me la sentivo, avrei dovuto fare tante altre cose ma il tempo e’ stato speso tutto. Arrivato alla casa Angelo mi dice che dobbiamo andare di corsa alle risaie di Ivanzica, la motopompa non funziona. Mangiamo un boccone veloce e partiamo in moto percorrendo i quasi 25 km che ci dividono dal sito. Arrivato sotto la diga dove si è posizionata la macchina, scopriamo che gli operai non hanno montato la guarnizione sulla aspirazione e dopo una strigliata uno veloce parti di corsa in mezzo alle risaie verso la casa per recuperare il pezzo. Dopo un paio di ore sotto un sole cocente e dopo avere spostato la tubazione che riempiva la risaia ci siamo recati dove una decina di operai stavano raccogliendo il peperoncino. raccogliere il peperoncino non sembrerebbe un lavoro faticoso, invece si. Primo le piantine sono molto basse pertanto ci si deve chinare a 90 gradi sotto il sole dalla mattina alle 6 sino alla sera al tramonto, il tutto per raccogliere forse un chilo di prodotto a testa che verrà venduto al commerciante per una cifra irrisoria. La donna che si vede nella foto, china a raccogliere è la moglie di uno dei muratori che hanno costruito i bagni degli operai alla missione. Forse non si nota ma è all’ottavo mese di gravidanza e come tutti gli altri, dall’alba al tramonto e per diversi giorni ha raccolto instancabilmente peperoncino. Porta i guanti di lattice perché il peperoncino è talmente piccante e toccandolo praticamente tutto il giorno irriterebbe le dita in maniera molto fastidiosa. Ne sanno qualcosa Elide e Sonia che per un giorno hanno provato l’ebrezza della raccolta. Bello tosto anche l’ultimo giorno di permanenza, adesso rientriamo, ci sono le valige da preparare, il container da chiudere e domattina si parte per la capitale.
27 gennaio 2016 Ioshy giorno 17
Sveglia alle 5,30 ma la sensazione e’ che non si parta con il fresco. La solita colazione e un minimo di programma mi fanno percepire che il via sarà almeno per le 9/10/11. Giangi e’ lungo e poi ancora lungo di suo, oggi che deve rientrare dopo quasi tre mesi di permanenza nella sua seconda patria gli verranno in mente 1000 cose da fare nel giro di pochi minuti. Ieri sera è rientrato dopo le 20 che qui equivale a notte fonda. Stamattina abbastanza agguerrito si è messo a sistemare le cose nell’armadio arrivato ieri da Fianarantsoa. Ho dovuto cambiare una doccetta difettosa nei cessi montati nei giorni scorsi e sostituire con un faretto una lampadina poco potente che illumina il portone principale. Poi e’ toccato al riempimento delle valige con oggetti e ricordi locali da ridistribuire poi in Italia. Alla fine verso le 10 dopo un’ultimo saluto da parte
degli ultimi ragazzini rimasti ci siamo messi in moto, con due carriole saldate sul portapacchi del pulmino dal fabbro locale da lasciare in un terreno dove gli operai stanno movimentando della terra rossa per la costruzione di sbarramenti ad uso risaie. Dopo una mezz’ora di saluti in malgascio a tutti i presenti siamo ripartiti, dimenticavo di dire che il nostro autista mentre cambiavo il faretto e’ andato a prendere della legna.
Solo dopo un ora e mezzo di viaggio ho capito il perché. Fermato il furgone in mezzo ad un rettilineo, salta fuori un ragazzotto che abbraccia Giangi e il resto del gruppo, trattasi di un membro della casa famiglia di qualche anno prima che si e’ laureato in odontoiatria e che e’ in attesa di essere assunto da un dentista di una città vicina, pertanto un uomo che cammina con le sue gambe e che appaga sicuramente chi l’ha aiutato in questo percorso. Bene, la legna era per suo padre, dopo i rituali saluti, si riparte in direzione Nord ma dopo una ventina di chilometri siamo nella zona degli ananas, come non fermarsi per gustarne la dolcezza neanche lontanamente paragonabile ai frutti che arrivano a casa nostra e che maturano nei container. Siamo in vista della casa famiglia di Fianarantsoa, dove ci attende un ora di lavoro per montare un altro armadio, qui la cosa si dilunga, i ragazzi da salutare sono tanti, ma è piacevole e divertente. Si riparte e dopo qualche chilometro un nuovo stop. Dove avevamo inaugurato la seconda scuola ci attendeva il sindaco che ci ha messo al corrente del furto di 13 buoi in un villaggio vicino e purtroppo anche dell’uccisione di due fratelli che ne erano a guardia. Più avanti abbiamo incontrato la maestra di una scuola primaria che ha consegnato a Giangi la richiesta di aiuti finanziari per la costruzione di 4 aule per 206 bambini. E’ sera inoltrata, arriviamo ad Ambositra nell’albergo dove ci eravamo fermati all’andata. Siamo gli unici ospiti, l’illuminazione del luogo è appena sufficiente per identificare le sagome dei compagni. Ceniamo in silenzio, siamo tutti molto stanchi, a due a due ce ne andiamo a dormire. Il mio compagno di stanza è Mattia, poche battute e ci si addormenta.
28 gennaio 2016 Ambositra giorno 18
Il mattino si riparte a piedi, mentre Giangi regola i conti e saluta i locali, io, Angelo e Mattia andiamo a fare visita al locale mercato artigianale, dove si acquistano oggetti per i regali da portare a casa. Io piuttosto caustico ai regali non compro nulla, poi mi si avvicina una ragazza e come se mi volesse vendere droga mi mostra delle sciarpine in seta grezza, ne ho comperate 6 senza mercanteggiare troppo. Arrivato Giangi e spesa un’altra mezz’ora per borse strumenti e oggettistica varia, si parte, la strada continua tortuosa, salite e discese si alternano e si alternano tratti asfaltati ad altri completamente sconnessi. Dove si deve rallentare sino a fermarsi dei bambini chiedono qualcosa per il servizio svolto. Il loro lavoro è quello di riempire le buche con della terra e per questo chiedono giustamente un compenso. Sulla strada troviamo molti camion che trasportano zebù da sud a nord verso la capitale dove verranno venduti nei mercati locali. Non manca di vedere cose bizzarre come zampe o corna che escono dalle sponde dei vecchi camion. Guardando attraverso il cassone si intravede una foresta di corna legate alla centina del mezzo. Giangi ci avvisa che siamo nei pressi di un luogo dove è avvenuto un tragico incidente nel 2001. Un suo caro amico e collega missionario Padre Elli Luigi si è qui schiantato con la sua auto contro
uno di questi camion che proveniva in direzione opposta morendo subito dopo. Rammenta con occhi lucidi di avere celebrato lui stesso il funerale molti giorni dopo il decesso per attendere il fratello che dall’Italia non trovava biglietto aereo.
Il viaggio prosegue verso Antananarivo la nostra meta finale non prima di passare accanto a immense risaie poste sia nelle pianure che sulle dolci pendici collinari. E’ evidente che qui di acqua ce né in abbondanza tanto da fare abitualmente due raccolti l’anno. Entriamo quasi senza accorgerci nella periferia della capitale, inizia il traffico quello caotico e strombazzante delle grandi città africane, ma noi deviamo verso la diga, costruita per tenere a bada le forti piene che si verificano nella stagione delle piogge, divide il fiume dalla città. Un grande bacino lacustre tappezzato da fiori di Loto dilaga sino a lambire la città alta che si vede sullo sfondo.
Siamo diretti alla sede della DHL nei pressi dell’aeroporto, mentre Giangi e René sono alle prese con un funzionario per delle pratiche relative a dei terreni, noi siamo addetti allo sdoganamento della frizione del trattore arrivata dall’Italia. Non è una cosa semplice, le tasse di sdoganamento costano più del pezzo di ricambio. Questa cosa manda in bestia il povero Angelo che da in escandescenza. Ma purtroppo si deve pagare il dovuto, per coprire che ci vorranno altri cinque giorni per avere il ricambio a Ihosy. Be qui è così e non ci si può fare nulla se non adeguarsi. Dopo due ore di DHL arriviamo all’albergo, dove passeremo alcune ore in attesa della cena e di essere accompagnati alla partenza partenza. Durante la cena un duo di chitarre ci allieta con alcuni brani classici. Sono le 21 ci portano in aeroporto, imbarchiamo le valige stracariche di regali, frutta sotto grappa, e i minerali che Angelo si è portato appresso. Veniamo chiamati tutti e quattro all’altoparlante per il controllo dei bagagli, troppa roba e troppo pesante. Alla fine il Giangi con i suoi modi malgasci fa si che il carico venga richiuso e imbarcato. Saliamo in aereo destinazione Parigi e poi Milano, anche questo viaggio è quasi terminato, ci aspetta un fresco rientro, speriamo non troppo.
Stavolta il viaggio non ha portato il Bacelix camminatore ma il turista lavorante e come sempre curioso di vedere nuove terre e nuove genti e come in ogni viaggio mi ha soddisfatto. Forse perché quell’antico detto che dice che non importa la meta, ma il viaggio e tutto quello che provi durante è il vero scopo. A proposito a Reunion Island non ci sono più stato, ci andrò in seguito quando le cose matureranno, sperem.
Buon rientro Bacelix, alla prossima